E’ un progetto per la realizzazione di un centro per il sostegno dell’ autonomia personale e della crescita professionale delle donne “più vulnerabili”: le donne sole, le donne in situazione di povertà e le donne migranti, con particolare attenzione per le mamme.
Esfaira, dal 2003 al 2011 associazione prima ed oggi cooperativa sociale, lungo questo arco di tempo ha conosciuto moltissime donne/mamme e raccolto storie che parlano di successi, ma anche di situazioni di disagio, della percezione di un senso di estraneità ed impotenza che sfocia in isolamento sociale ed emarginazione quando non viene superato.
I racconti parlano “della difficoltà di farsi accettare, di capire e poter essere capite” della messa in discussione della loro identità che le lascia spesso con un senso di smarrimento ed estraneità, della fatica di vivere la maternità in condizione di solitudine, senza l’aiuto di un compagno e/o della propria famiglia di origine.
Le problematicità si accentuano quando le donne sono persone immigrate.
In questo caso il disagio non è dovuto soltanto a motivi linguistici a culturali, ma spesso anche alla mancanza di informazione o alla scarsità di mezzi e strumenti per fronteggiare tale situazione di disagio: “In molti casi, le donne che si raccontano non hanno avuto un buon rapporto con i servizi del territorio; la mancanza di informazioni, l’incomprensibile indisponibilità che a volte hanno incontrato, l’inadeguatezza delle risposte ottenute, hanno avuto l’effetto di creare una pericolosa estraneità con la realtà territoriale, un’estraneità nella quale possono consumarsi le vicende dolorose, le solitudini e le vicissitudini di nuclei familiari dei quali una società improntata sui valori della solidarietà e dell’accoglienza dovrebbe tener conto”.
Oltre al supporto linguistico e culturale appare necessario quello logistico in materia sanitaria, scolastica e normativa e quello di accompagnamento alla formazione ed alla ricerca di un lavoro.
Le attività previste dal progetto mirano a coinvolgere le donne in difficoltà e/o le donne migranti in un percorso articolato di relazione, conoscenza e formazione.
La struttura stessa del percorso proposto, la creazione di un gruppo stabile di donne che frequenta “un centro dedicato” cinque mattine la settimana, è la base per l’uscita dall’isolamento, la condizione di inattività e la necessità di relazione.
Il percorso, articolato in attività diversificate, ha la finalità di:
• rafforzare le relazioni tra le donne e renderle effettivamente un gruppo di auto‐aiuto;
• restituire loro l’idea del far parte di una comunità;
• renderle consapevoli delle proprie potenzialità;
• valorizzarne le competenze, le tradizioni e le esperienze;
• sviluppare nelle donne la capacità di agency.
L’obiettivo che il progetto si pone sul lungo periodo è il conseguimento dell’empowerment da parte delle donne coinvolte.
Secondo la definizione di UNIFEM, empowerment significa sviluppare la capacità di prendere decisioni e di esercitare un potere contrattuale, accrescere la stima di sé e credere nelle proprie potenzialità di cambiamento, per riconquistare il controllo sulla propria vita.
• Il Fondo delle Nazioni Unite per le Donne, creato nel 1976.
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